L’osteoporosi è una malattia sistemica dello scheletro caratterizzata da una riduzione della massa ossea e da alterazioni qualitative tali da provocare un aumento della fragilità ossea e del rischio di frattura. In Italia, si ritiene vi siano oggi circa 3,5 milioni di donne ed un milione di uomini affetti da osteoporosi e, poiché nei prossimi 20 anni la percentuale della popolazione italiana al di sopra dei 65 anni d’età aumenterà del 25%, ci dovremo attendere un proporzionale incremento dell’incidenza dell’osteoporosi.
All’interno di Mya Salute l’approccio che viene dedicato a questa patologia è assolutamente multidisciplinare per poter dare risposte concrete ed efficaci a ciascun paziente.
Forme di osteoporosi
Esistono due forme di malattia:
- le osteoporosi primitive che includono le varietà giovanile, post-menopausale e senile;
- le osteoporosi secondarie causate da un ampio numero di patologie e di farmaci.
L’osteoporosi giovanile è quella che si riscontra già in età infantile e adolescenziale ed è dovuta per lo più a mutazioni genetiche che conducono ad una compromissione della resistenza ossea (ad esempio, l’osteogenesi imperfetta). L’osteoporosi post-menopausale è la più frequente forma di osteoporosi primitiva ed è dovuta al deficit estrogenico legato alla menopausa che determina un’accelerazione della perdita ossea dovuta all’età.
Tra le osteoporosi secondarie si annoverano quelle correlate a patologie endocrinologiche (iperparatiroidismo, tireotossicosi, diabete mellito, ipercorticosurrenalismo), ematologiche (mieloma multiplo, leucemia), gastroenterologiche (morbo di Crohn, rettocolite ulcerosa, celiachia), malattie reumatologiche (artrite reumatoide, spondilite anchilosante, artrite psoriasica), renali (insufficienza renale cronica, ipercalciuria idiopatica), altre patologie (sclerosi multipla, malattia di Parkinson, BPCO).
L’assunzione cronica di alcune categorie di farmaci quali corticosteroidi, levotiroxina a dosi soppressive, anticonvulsivanti, antidepressivi, possono condurre a osteoporosi secondaria.
Le fratture osteoporotiche possono presentarsi in quasi tutti i segmenti scheletrici, ma sedi preferenziali sono il corpo vertebrale, l’estremo prossimale del femore e dell’omero e l’estremo distale del radio. Il trauma da caduta è la causa di gran lunga più frequente nelle fratture che colpiscono le ossa dello scheletro appendicolare (femore, omero, polso), mentre nelle fratture da fragilità del corpo vertebrale, spesso non diagnosticate, è più difficile determinare il momento causale.
Diagnosi
La diagnosi di osteoporosi e del rischio di fratture da fragilità si basa sull’anamnesi, l’esame obiettivo, gli esami strumentali e gli esami di laboratorio (ematici e urinari). L’anamnesi prevede la raccolta di informazioni sulla storia clinica del paziente, sullo stile di vita e sulla corretta valutazione dei fattori di rischio (familiarità, età, abuso alcolico, fumo, eccessiva magrezza, malnutrizione, inadeguato introito di calcio e vitamina D). L’esame obiettivo deve valutare la postura del paziente ed in particolare se si è verificato un aumento della cifosi dorsale e/o una riduzione dell’altezza che potrebbero indicare la presenza di uno o più cedimenti vertebrali. L’esame strumentale specifico per misurare la massa ossea è la densitometria a raggi x (DXA) o MOC (mineralometria computerizzata ossea). La radiografia del rachide dorsale e lombosacrale associata alla morfometria vertebrale permette l’identificazione e la corretta classificazione dei crolli vertebrali.
Trattamento
Le fratture da fragilità possono causare disabilità complessa, significativa morbilità, riduzione della qualità di vita e limitazione funzionale. Il paziente con osteoporosi necessita di una presa in carico globale, con un intervento multi ed interdisciplinare da svolgersi in team (fisiatra, fisioterapista, endocrinologo, ginecologo, nutrizionista) e con un progetto riabilitativo individuale costituito da programmi orientati ad aree specifiche di intervento. La gestione dell’osteoporosi prevede interventi farmacologici (bifosfonati, vitamina D, calcio) e non farmacologici (dieta alimentare e attività fisica adattata). In accordo alle evidenze scientifiche, l’attività fisica, in particolare esercizi personalizzati di rinforzo muscolare, di rieducazione all’equilibrio e della deambulazione, hanno un impatto assolutamente positivo sull’efficienza osteo-artro-muscolare.